Le analisi sulla parità dei salari aziendali smentiscono le leggende

I datori di lavoro che all’inizio dell’anno avevano 100 o più dipendenti hanno avuto tempo fino alla metà del 2021 per effettuare un’analisi interna sulla parità salariale. È importante notare che questa analisi deve essere verificata da un organismo indipendente. I primi risultati confermano le aspettative dei datori di lavoro: le aziende con una struttura salariale discriminatoria sono un’eccezione molto rara. Una valutazione del Competence Centre for Diversity & Inclusion (CCDI) dell’Università di San Gallo, pubblicata nella «NZZamSonntag», è giunta alla stessa conclusione.

Senza considerare questi attuali controlli aziendali, l’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo riporta ancora sul suo sito web il risultato del confronto a livello nazionale di tutti i salari delle donne con tutti i salari degli uomini del 2018. Sulla base dell’indagine sulla struttura dei salari, calcola che le buste paga mensili delle donne sono in media di 1512 franchi più basse di quelle degli uomini. Il 45 per cento della differenza salariale non potrebbe essere spiegata e quindi «conterrebbe una potenziale discriminazione salariale basata sul genere». È assolutamente comprensibile che tali tesi indignino soprattutto le donne. Non c’è motivo di retribuire una donna con un salario inferiore a quello di un uomo per il solo fatto che sia una donna.

Ma ora i risultati dell’analisi salariale aziendale mostrano che la discriminazione salariale (potenziale) citata dall’Ufficio federale per l’uguaglianza non corrisponde alla realtà nelle aziende. Senza dubbio, però, i risultati che confermano la discriminazione salariale contro le donne si rivelano ideali per preparare il terreno per ulteriori richieste politiche e sindacali di regolamentazione salariale statale, controlli salariali, trasparenza salariale e sanzioni. Le numerose iniziative politiche degli ultimi mesi dimostrano che queste grida di indignazione sono state ascoltate.

Va inoltre considerato che anche l’Ufficio federale di statistica, responsabile di questo confronto statistico a livello svizzero, sottolinea che la differenza salariale inspiegabile non può essere interpretata come una misura quantitativa della discriminazione salariale. Una ragione importante è che non tutte le caratteristiche dei dipendenti che sono rilevanti per la determinazione dei salari sono disponibili nei dati.

Questa critica è stata espressa da tempo dall’Unione Svizzera degli Imprenditori (USI). E anche la comunità scientifica è d’accordo con questa critica. Secondo un recente studio dell’Università di Basilea, il metodo di analisi della Confederazione sopravvaluta il divario salariale inspiegabile tra donne e uomini.

Le buone notizie dal fronte aziendale sono quindi importanti: «Löhne in der Schweiz: Frauen werden kaum diskriminiert », «Löhne in 300 Firmen geprüft. Erste Ergebnisse sind überraschend positiv» «Lohngleichheit in Baar ist gewährleistet», «Post stellt sich bei der Lohngleichheit ein gutes Zeugnis aus». La lista di questi rapporti positivi sulla parità salariale tra donne e uomini può essere estesa a piacimento. Secondo la valutazione del «Competence Centre for Diversity & Inclusion» (CCDI) dell’Università di San Gallo, il 97 per cento delle aziende esaminate rispetta la legge sulle pari opportunità. La potenziale discriminazione salariale a livello svizzero citata dall’Ufficio federale per l’uguaglianza non si riflette in pratica nelle analisi salariali. Non sorprende che i sindacati stiano già speculando sul fatto che «un certo numero di aziende stanno configurando l’analisi in modo tale che i loro risultati siano migliori, o non stanno partecipando affatto». Intendiamoci, fanno questa ipotesi anche se un organismo indipendente controlla l’azienda durante il test.

Di fronte a questo tipo di propaganda contro le aziende, queste ultime devono ora parlare dei loro buoni risultati in merito ai controlli salariali aziendali. I test mostrano in modo impressionante quanto sia discutibile la presunta discriminazione salariale tra donne e uomini, che i sindacati hanno gonfiato. È tempo di riconoscere che le aziende hanno intrapreso azioni correttive contro la discriminazione nei confronti delle loro dipendenti donne, dove questo è stato ancora realmente necessario. Pertanto, gli sforzi politici per inasprire ulteriormente la legge sulle pari opportunità dovrebbero essere respinti.