Salari minimi comunali: il diktat sui salari entra dalla porta di servizio

19 Giugno 2023 Opinioni

Nella scorsa domenica di votazioni si è verificata una grave prima in due comuni. Gli elettori di Zurigo e Winterthur hanno votato a favore di un salario minimo comunale. Con queste decisioni, l'annoso braccio di ferro sui salari minimi entra definitivamente nel vivo.

L’elettorato svizzero si è già confrontato con la questione del salario minimo nel 2014. Il verdetto delle urne è stato più che eloquente: con un chiaro No da parte di oltre il 76% dei cittadini, un salario minimo nazionale è stato chiaramente respinto. Ma chi pensava che la questione fosse chiusa con questo chiaro voto popolare si sbagliava. La discussione si è spostata su un altro livello. La Svizzera dispone nel frattempo di salari minimi in diversi cantoni.

Le recenti decisioni di Zurigo e Winterthur mettono in luce la strategia degli ambienti di sinistra riguardo al salario minimo: se non si ottiene alcun successo a livello nazionale, le rivendicazioni vengono presentate al popolo a livello cantonale. Se anche questo tentativo rischia di fallire, si intraprende la via comunale. Questa tendenza verso salari minimi sempre più regionali è per molti aspetti preoccupante dal punto di vista degli imprenditori.

Che sia a livello cantonale o comunale, un salario minimo regionale indebolisce inevitabilmente il mercato del lavoro indigeno, perché si perderebbero posti di lavoro per i lavoratori poco qualificati e occasionali. Vengono esclusi dal mercato del lavoro persone con scarsa formazione, con prestazioni limitate, con difficoltà linguistiche, ma anche gli studenti o le persone che si reinseriscono nel mercato del lavoro. Sono proprio questi i primi perdenti dell’introduzione di un salario minimo imposto. Un sondaggio sulle imprese condotto dall’Università di Basilea conferma questo risultato utilizzando l’esempio della città di Basilea. Molte imprese hanno dichiarato di essere più caute nell’assumere personale e di aver effettuato meno investimenti rispetto a prima dell’introduzione del salario minimo.

Una simile imposizione salariale influisce sull’intera struttura salariale di un’impresa. Un aumento dei salari più bassi farebbe inevitabilmente salire tutti i salari superiori in un’impresa. La sua competitività ne risentirebbe.

Poiché il livello del salario minimo e il suo ambito di applicazione variano da cantone a cantone e da comune a comune, i salari minimi cantonali e comunali portano gioco forza ad un mosaico. Ciò è già evidente nelle due decisioni più recenti. Mentre i lavoratori di Winterthur dovranno ricevere in futuro almeno 23 franchi all’ora, il salario minimo della città di Zurigo sarà di 23,90 franchi. Resta da vedere come questo influirà sull’attrattività della piazza e come reagiranno le imprese.

I diktat salariali – siano essi nazionali, cantonali o comunali – sono fatali anche per la formazione professionale. Se grazie a un salario minimo, in una professione i lavoratori non qualificati possono guadagnare quanto i lavoratori qualificati, la disponibilità a seguire una formazione e un perfezionamento professionale ne risentirebbe. Ciò è particolarmente grave per i giovani davanti alla scelta di una professione che – abbagliati dal salario minimo – decidono di non svolgere un apprendistato.

Un altro perdente dei salari minimi regionali è il partenariato sociale. Nel modello svizzero di successo, i salari e le altre norme sono fissati a livello aziendale o di partenariato sociale per una buona ragione. Con l’introduzione di un salario minimo, il margine di negoziazione si sposta dai partner sociali, che soppesano i vari aspetti del contratto di lavoro, a una politica più normativa. Queste ingerenze politiche indeboliscono notevolmente il mercato del lavoro, flessibile e adattabile, mettendo così a rischio uno dei più importanti vantaggi competitivi dell’economia svizzera.