La favola della costosa nuova riforma dell’AVS

15 Marzo 2018 News

Attualmente si vocifera che una nuova riforma dell'AVS sarebbe più costosa del progetto di Previdenza vecchiaia 2020 respinto dal popolo. Il presidente della Confederazione Alain Berset è l’istigatore di queste voci largamente diffuse. Ma cosa sta davvero succedendo? Gli imprenditori ricordano alcune cifre.

«Non abbiamo mai nascosto il fatto che in caso di rifiuto della Previdenza 2020, la fattura sarebbe ancora più salata in futuro», ha dichiarato il presidente della Confederazione Berset in occasione della Conferenza stampa del Consiglio federale del 2 marzo 2018 concernente il nuovo progetto di riforma dell’AVS. Già durante la campagna di votazione, Alain Berset aveva annunciato con insistenza che una nuova riforma dell’AVS sarebbe costata di più del progetto 2020 respinto dal popolo. Da allora, questa opinione è ripresa con un certo compiacimento dai media. Ma in cosa questo corrisponde alla verità?

Annunciare che una nuova riforma costerebbe di più ancor prima che sia stata trattata alle Camere richiede facoltà paranormali. Ad ogni modo, questo non appare molto serio. Ciò che è certo, è che la riforma Previdenza vecchiaia 2020 avrebbe apportato all’AVS, nonostante un finanziamento aggiuntivo massiccio calcolato in miliardi (0,6 punti di IVA, 0,3 punti di contributi salariali e la pensione a 65 anni per le donne), una boccata d’aria che l’avrebbe fatta uscire solo per alcuni anni dalle cifre rosse. Il buco nelle casse AVS avrebbe nuovamente superato il miliardo di franchi all’anno già a partire dal 2027. Esso avrebbe raggiunto i 3 miliardi annui nel 2030 e perfino i 7 miliardi nel 2035.

Inoltre, se la riforma Previdenza vecchiaia 2020 fosse stata accettata, le spese avrebbero dal 2026 superato il livello che avrebbero avuto senza questa riforma. Nel 2035, la differenza sarebbe stata niente di meno di 1,1 miliardi di franchi all’anno. Con l’invecchiamento della popolazione, esso sarebbe cresciuto di anno in anno a causa dell’estensione delle prestazioni. È anche chiaro che il finanziamento di maggiori spese è generalmente più costoso e non più economico, come ipotizzato dal presidente della Confederazione Berset. Pertanto, non fare nulla a medio termine sarebbe ancora più conveniente del progetto respinto in votazione. Anche lo sgravio finanziario legato all’aumento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne, concepito inizialmente come un contributo alla stabilizzazione strutturale dell’AVS, sarebbe andato perso in poco tempo.

Un’espansione dell’AVS, che avrebbe aumentato ancora di più la pressione per ulteriori misure correttive, è al momento fuori discussione. Pertanto, è probabile che una nuova riforma non aumenti le spese dell’AVS rispetto al progetto bocciato, ma al contrario stabilizzi strutturalmente l’AVS e preservi le pensioni al livello attuale. Un po’ più di buona volontà sarebbe appropriata, invece di fare continui confronti con il passato. In fin dei conti, il popolo ha deciso e non gli piace essere preso in giro. Lo scorso autunno, quest’ultimo ha superato il suo «test di maturità».