AVS: evitare l’economia del deficit!

28 Marzo 2018 Opinioni

Buona notizia tratta dall’ultimo bilancio annuale di Compenswiss: nel 2017, l’AVS ha registrato un risultato d’esercizio positivo di oltre 1 miliardo di franchi. Ciò è dovuto al risultato d’investimento eccezionalmente buono del fondo di perequazione di oltre 2 miliardi di franchi. Tuttavia, un risultato operativo positivo e un risultato d’investimento soddisfacente non possono nascondere il fatto che il risultato di ripartizione dell’AVS è stato rosso per il quarto anno consecutivo. L’anno scorso il disavanzo di ripartizione ha superato per la prima volta la soglia del miliardo di franchi. La perdita è quindi superiore di 300 milioni di franchi alle previsioni dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS). Il minaccioso squilibrio strutturale dell’AVS è quindi visibile e concreto. Questa è la cattiva notizia che risulta da un esame più approfondito.

Un elemento particolarmente allarmante è che le entrate restano inferiori di quasi 400 milioni alle previsioni. Questa differenza è principalmente attribuibile alla diminuzione dell’immigrazione netta, notevolmente inferiore nel 2017 alla media di 60’000 persone all’anno, ritenuta come ipotesi di lavoro fino al 2030 da parte dell’UFAS. A partire da questa previsione che si può – ragionevolmente – ritenere esagerata, l’UFAS prevede un deficit di ripartizione di oltre 3,7 miliardi nel 2025 e di oltre 7 miliardi di franchi nel 2030. È evidente che anche questi disavanzi diano un’immagine molto rosea della futura evoluzione. Questa economia del deficit è un problema che bisogna affrontare con fermezza e non minimizzare.

Tutti gli attori interessati dovrebbero rendersi conto della necessità di attuare al più presto una prima tappa di riforma per stabilizzare le finanze dell’AVS per gli anni futuri. È quindi ancora più incomprensibile che il Consiglio federale ignori questo imperativo dopo il fallimento della riforma sulla previdenza vecchiaia 2020 e percorra, con le sue nuove proposte, una strada sbagliata già dall’inizio. Non sembra infatti avere alcun peso il fatto che il popolo non apprezzi gli aumenti d’imposta» a titolo provvisorio», come dimostra chiaramente il risultato estremamente serrato della votazione sull’aumento dell’IVA che ha avuto luogo nell’ambito della «Previdenza vecchiaia 2020».

Anche K-TIPP, il magazine dei consumatori, respinge in blocco l’aumento dell’IVA fino a 2 punti richiesto dal Consiglio federale. In queste circostanze, è chiaro che con un aumento eccessivo dell’IVA, anche un progetto di riforma dell’AVS moderato sarebbe (nuovamente) destinato all’insuccesso. In realtà, i problemi strutturali dell’AVS non possono essere risolti solo da aumenti d’imposta massicci. Ecco perché i datori di lavoro si pronunciano in una prima tappa per un aumento modesto di 0,6 punti percentuali di IVA, abbinato all’adeguamento dell’età pensionabile per uomini e donne a 65/66 anni.

Per i moderati, il messaggio è chiaro: il nostro paese ha bisogno di riforme meno voluminose, ma più frequenti. Nella prima fase della riforma si può ancora evitare, per il momento, un innalzamento dell’età pensionabile oltre i 65 anni. Per garantire l’AVS a lungo termine, tuttavia, l’età di pensionamento dovrà essere gradualmente adeguata, a partire dalla metà degli anni 2020, all’aumento della speranza di vita, e ciò deve essere facilmente pianificato. Una fetta crescente della società è consapevole del fatto che tali misure sono in ultima analisi inevitabili per una solida previdenza vecchiaia. Secondo l’analisi VOTO sullo scrutinio relativo alla previdenza vecchiaia 2020 e l’ultimo sondaggio Vimentis, il fronte duro si sta sgretolando contro qualsiasi aumento dell’età pensionabile. Purtroppo, questa visione degli elettori non è ancora penetrata a tutti i livelli del mondo politico.