All’inizio di novembre, il Consiglio federale ha concluso i colloqui esplorativi con l’UE a livello tecnico. Successivamente ha riconosciuto il risultato dei colloqui e ha elaborato un mandato negoziale, presentato oggi. Sono stati compiuti progressi significativi dopo il fallimento dell’accordo quadro istituzionale. Le aree definite per le questioni sensibili facilitano la ricerca di soluzioni; per quanto riguarda la direttiva sui cittadini dell’UE sono state identificate vie per prevenire l’immigrazione nel sistema di sicurezza sociale; sono stati compiuti progressi importanti anche nel settore delle misure di accompagnamento: L’UE garantisce la continuazione del cosiddetto «modello di esecuzione duale» ed è anche disposta ad accettare la cosiddetta «clausola di non regressione», che esclude la possibilità di scendere al di sotto dell’attuale livello di protezione salariale a seguito di futuri sviluppi giuridici.
Il mandato negoziale presentato sarà ora sottoposto per consultazione ai Cantoni e alle commissioni parlamentari di politica estera. L’Unione svizzera degli imprenditori saluta favorevolmente questo progresso: si tratta di un ulteriore passo importante verso i «Bilaterali III» e quindi verso relazioni nuovamente ordinate e sostenibili con l’UE. L’Unione svizzera degli imprenditori analizzerà in dettaglio i documenti elaborati e forniti dal Consiglio federale e fornirà un contributo costruttivo.
L’USI ritiene che i negoziati dovrebbero iniziare presto, nel nuovo anno. Ulteriori ritardi sarebbero dolorosi per l’economia svizzera. Gli accordi di accesso al mercato attualmente in vigore, che sono di vitale interesse per le grandi, medie e piccole imprese, verrebbero ulteriormente erosi. In quanto piccolo Paese, situato geograficamente nel cuore dell’Europa, la Svizzera, con la sua economia fortemente orientata all’esportazione, dipende da relazioni sicure con l’UE. Il Consiglio federale è chiamato a negoziare in modo convinto.
I datori di lavoro continuano ad impegnarsi in modo costruttivo per garantire il mantenimento dell’attuale livello di protezione dei salari. Tuttavia rifiutano richieste molto dannose per l’economia, come la facilitazione della dichiarazione d’obbligatorietà generale dei contratti collettivi di lavoro o dei salari minimi nazionali, che non hanno comunque nulla a che fare con i negoziati con l’UE.
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