I politici locali lo sanno bene: quando si costruisce o si ristruttura un edificio scolastico, si prende una decisione di investimento che graverà sulle finanze del comune per i prossimi decenni, mentre il numero di alunni sta ancora letteralmente scritto nelle stelle: i bambini che frequenteranno l’asilo tra cinque o dieci anni devono ancora nascere. In confronto, le previsioni dei beneficiari di rendite AVS sembrano quasi banali: coloro che andranno in pensione nel 2050 hanno già 38 anni oggi. La carriera, lo stato civile e il numero di figli hanno perlomeno iniziato a prendere forma, anche se possono e potranno ancora cambiare.
Certo, la realtà non è così semplice: anche per la previsione dell’AVS sono necessarie numerose ipotesi. L’evoluzione dell’aspettativa di vita gioca un ruolo importante nei fattori demografici come pure la questione della migrazione futura. Anche i parametri economici sono rilevanti: crescita economica, rendimento atteso degli investimenti, cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro e così via. Ma la risposta del Consiglio federale, quando nell’ambito della campagna di votazione sulla legge AVS si rifiutava di fare proiezioni finanziarie oltre la fine del decennio, è sempre stata accolta con un certo scetticismo. «Troppo incerto», era il suo motto.
In questo contesto, la Commissione della sicurezza sociale del Consiglio nazionale ha usato un vero e proprio stratagemma politico: essa ha dichiarato che si possono valutare gli effetti di un ulteriore ampliamento delle rendite, come richiesto dai sindacati con la loro inqualificabile iniziativa per la tredicesima AVS, solo conoscendo l’andamento a lungo termine delle finanze dell’AVS. E, cosa ancora più importante, la commissione non ha solo pubblicato la sua proposta, ma anche il rapporto che ne deriva. Anche se l’amministrazione ha necessitato di più spazio nel rapporto per sottolineare le difficoltà metodologiche di una simile impresa che per commentare i risultati ottenuti, il messaggio centrale diventa chiaro a colpo d’occhio: anche con l’adozione della riforma dell’AVS nel settembre 2022, i problemi finanziari dell’AVS non sono affatto risolti.
Ciò dimostra che il risultato di ripartizione, che confronta le entrate correnti del primo pilastro con le sue spese annuali, sarà di nuovo negativo già nel 2029. Nel 2040 si prevede un deficit annuale di circa 7 miliardi e nel 2050 un deficit di 10,5 miliardi all’anno. Ciò significa che nonostante la riforma, l’AVS spende molto di più di quanto incassa. Se si sommano i risultati, è probabile che tra il 2030 e il 2050 si accumuli un disavanzo di ben 100 miliardi. Si possono criticare queste stime su un periodo di oltre due decenni come troppo incerte o vaghe, in linea con il fisico Niels Bohr, che si dice abbia affermato che le previsioni sono difficili, soprattutto se riguardano il futuro. Anche se le previsioni sono sbagliate del 10, 20 o addirittura del 30 per cento, è comunque chiaro che non c’è un margine finanziario sufficiente per ampliare le prestazioni dell’AVS.