Anche dopo l’accettazione da parte del popolo del progetto AVS-riforma fiscale (RFFA), l’AVS resta un cantiere urgente. La soluzione di finanziamento adottata questa domenica, che sarà pagata dai datori di lavoro, dai lavoratori e dalla Confederazione, permette indubbiamente di stabilizzare a breve termine la principale assicurazione sociale del nostro paese. Tuttavia l’AVS, finanziata per ripartizione, non è ancora pronta per fronteggiare l’invecchiamento della popolazione. Il numero di pensionati crescerà di oltre un milione nel corso dei prossimi due decenni, mentre le uscite dell’AVS raddoppieranno, passando da un po’ più di 40 miliardi a circa 80 miliardi di franchi. Nonostante i prelievi supplementari votati il 19 maggio 2019, l’AVS finirà nuovamente nelle cifre rosse dopo il 2023. A partire dal 2025 il fondo AVS sarà gravato da deficit annuali di alcuni miliardi, dal 2035 anche di miliardi a due cifre.
Aumentare l’età ordinaria di pensionamento è il mezzo più efficace per stabilizzare le finanze della previdenza vecchiaia. Da una parte, i datori di lavoro e i lavoratori versano così più a lungo dei contributi AVS, mentre dall’altra il periodo di diritto alla rendita viene ridotto. Questo effetto combinato ha già incitato numerosi paesi europei ad aumentare l’età di pensionamento. La Svizzera ne avrebbe la possibilità e deve pensarci seriamente, poiché sarà ben presto uno dei paesi europei con l’età di pensionamento più bassa e la speranza di vita più elevata.
In futuro, l’ondata di pensionati provenienti dagli anni di forte natalità continuerà a crescere in Svizzera. Per questo le misure strutturali da adottare per fronteggiare questa evoluzione dovranno essere ancora più incisive e drastiche. Anche dopo l’accettazione della RFFA, non c’è tempo da perdere se si vuole assorbire serenamente lo choc demografico. In caso contrario, il nostro paese dovrà subire un massiccio aumento dell’onere fiscale e prendere in considerazione dolorosi svantaggi competitivi. È inoltre nostro dovere lasciare un’AVS finanziariamente sana alle future generazioni.
Per poter compiere rapidi progressi, l’Unione svizzera degli imprenditori (USI) propone di escludere per il momento un aumento generale dell’età di riferimento della pensione, tema ancora sensibile in Svizzera. Al contrario, chiede che nell’ambito di una prima tappa di riforma pragmatica – che potrebbe chiamarsi «AVS22» – le rendite attuali siano garantite a medio termine senza nessun aumento delle prestazioni. Tuttavia, in considerazione dell’allarmante della quota parte fiscale nel nostro paese nel confronto internazionale, gli imprenditori ritengono ingiustificato il fatto di finanziare le rendite unicamente attraverso i contributi obbligatori. L’USI auspica dunque un modello di riforma equilibrato a livello delle entrate e delle uscite che, in quattro tappe, porterebbe gradualmente l’età pensionabile a 65/65 anni entro il 2025, aumentando nel contempo moderatamente di 0,3 punti percentuali l’imposta sul valore aggiunto e creando incentivi per prolungare l’attività lavorativa, estendendo la franchigia AVS a 2’000 franchi al mese. Solo in una seconda tappa della riforma, a partire dal 2027 circa, l’età di pensionamento dovrà essere adeguata gradualmente e con modalità facilmente pianificabili all’aumento della speranza di vita.
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