Visioni chiare

La carenza di manodopera si sta attenuando: tre motivi per cui si tratta di un fenomeno solo temporaneo

In breve

  • l numero di posti vacanti è attualmente in calo. È una conseguenza del rallentamento congiunturale. A medio termine, il numero di posti vacanti aumenterà per ragioni demografiche.
  • L’immigrazione allevia la carenza di manodopera, ma nasconde le difficoltà strutturali in Svizzera – e non è né illimitata né scontata.
  • Un aumento della disoccupazione non significa che la carenza di manodopera sia finita. L’offerta e la domanda di manodopera a volte non coincidono.
  • Nel medio e lungo termine sono determinanti due fattori: occorre sfruttare meglio il potenziale di manodopera indigena e aumentare la produttività. Solo così sarà possibile garantire il benessere.

 

Situazione iniziale
Finalmente, si dice, la situazione sul mercato del lavoro si è attenuata: il numero di posti vacanti è in calo e reclutare personale è tornato ad essere più facile. In effetti, i dati dell’UST sono inferiori ai picchi registrati subito dopo la crisi Covid. Parallelamente è in aumento la disoccupazione: per alcuni questo è un segnale che la carenza di personale qualificato o di manodopera è stata superata.

Solo pochi anni fa si lanciava l’allarme per la carenza di personale qualificato, ma forse si esagerava? No, per almeno tre motivi.

Primo punto: la demografia batte la congiuntura

La meteo non è il clima. Il fatto che attualmente la pressione sia leggermente diminuita è dovuto principalmente a ragioni congiunturali. Dazi doganali, tensioni geopolitiche, debolezza della Cina: tutto questo ha un impatto e crea incertezza. Di conseguenza, le aziende esitano ad assumere nuovo personale e il numero di posti vacanti diminuisce.

Inoltre, stiamo confrontando la situazione attuale con una situazione eccezionale verificatasi subito dopo la pandemia. Allora la domanda di manodopera era salita alle stelle come una molla tesa che viene rilasciata. Oggi il mercato del lavoro si è leggermente stabilizzato. Ma nonostante il rallentamento congiunturale, il numero di posti vacanti rimane ancora superiore a quello pre-pandemia (vedi grafico «Posti vacanti»).

Le debolezze congiunturali a breve termine non cambiano il problema strutturale di fondo: dal momento che la generazione dei baby boomer va in pensione e non c’è un ricambio sufficiente di manodopera interna, la Svizzera perde ogni anno circa 25 000 lavoratori.

Riassumendo: il presunto allentamento è temporaneo, la demografia pesa sul bilancio della manodopera.

Secondo punto: l’immigrazione aiuta – ma nasconde il problema

Negli ultimi anni, gran parte della domanda di lavoro è stata soddisfatta dall’immigrazione proveniente dall’UE. Come mostra il grafico sottostante, l’immigrazione netta reagisce in modo piuttosto preciso ai posti vacanti, quindi è determinata dalla carenza di manodopera sul mercato del lavoro: se il tasso di posti vacanti è elevato, l’immigrazione dall’UE aumenta, se è basso, anche l’immigrazione è bassa.

L’immigrazione di manodopera attraverso la libera circolazione delle persone allevia quindi la carenza, ma nasconde il fatto che questa rimane strutturale. Il problema è che non è chiaro in che misura in futuro la Svizzera potrà ancora contare su questo canale per coprire il proprio fabbisogno di manodopera.

Ad una lettura più attenta, risulta chiaro che i paesi dell’UE si trovano ad affrontare le stesse sfide demografiche. Ovunque la manodopera scarseggia e vengono aumentati gli incentivi per trattenere i lavoratori qualificati nel proprio paese. Ciò si riflette anche nei dati. La dinamica dell’immigrazione netta in Svizzera ha subito un rallentamento. Da circa dieci anni non riesce più a tenere il passo con il numero di posti di lavoro vacanti.

Anche per gli immigrati, venire in Svizzera deve essere vantaggioso. L’aumento dei costi abitativi rende la Svizzera meno attrattiva. Quest’anno il numero di emigranti ha raggiunto il massimo degli ultimi dieci anni. Ciò può essere dovuto principalmente a ragioni congiunturali, ma ci si chiede se questo fenomeno possa essere interpretato anche come un primo segnale di un calo dell’attrattiva del Paese.

A ciò si aggiunge un crescente scetticismo nella popolazione. L’immigrazione porta sì sollievo al mercato del lavoro, alle imprese e alle istituzioni sociali, ma comporta anche dei costi, ad esempio per le infrastrutture e gli alloggi. Non è chiaro se un livello di immigrazione simile a quello degli ultimi anni possa godere anche in futuro di maggioranze politiche.

Terzo punto: Tutto deve coincidere

La disoccupazione è in aumento. Ma chi ne deduce che la carenza di manodopera sia stata superata, si sbaglia. Entrambe le cose possono coesistere: più persone in cerca di lavoro e comunque più posti vacanti.

Il mercato del lavoro non funziona come un mercato normale. Chi cerca lavoro non accetta qualsiasi posto. E chi cerca personale non assume qualsiasi candidato. Tutto deve coincidere: qualifiche, esperienza, salario, luogo di lavoro, aspettative.

Se questo abbinamento non riesce, i lavoratori rimangono senza lavoro, anche se le aziende cercano disperatamente personale. Nel confronto internazionale, la Svizzera è in una buona posizione per quanto riguarda il «matching». Il nostro sistema di formazione professionale forma i lavoratori in base alle esigenze del mercato del lavoro, contribuendo rispetto ad altri paesi in modo significativo a un migliore incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro. Questo è uno dei motivi per cui la disoccupazione giovanile in Svizzera è bassa e molto inferiore che in altri paesi europei. Ma dall’inizio della pandemia di Covid-19, ci sono segni che indicano che questo abbinamento è diventato un po’ più difficile.

Conclusioni

L’attuale allentamento sul mercato del lavoro non rappresenta un’inversione di tendenza, ma al massimo una breve pausa congiunturale prima che la demografia torni a farsi sentire. Sempre più persone abbandonano il mercato del lavoro, mentre sono sempre meno quelle che subentrano. L’immigrazione aiuta, ma per quanto tempo ancora? Anche l’aumento della disoccupazione non è indice di una minore carenza di manodopera.

Invece di cullarsi in una falsa sicurezza, è ora necessario agire internamente con le giuste leve.

In primo luogo, occorre sfruttare ancora meglio il potenziale di manodopera esistente, in particolare quello delle madri e degli anziani: maggiore partecipazione al mondo del lavoro, orari di lavoro più lunghi, più lavoro in età avanzata ed eliminazione degli incentivi sbagliati.

In secondo luogo, dobbiamo aumentare la produttività investendo nell’intelligenza artificiale, nell’innovazione, rafforzando la formazione professionale e riducendo la burocrazia superflua.

Solo così sarà possibile mantenere un discreto livello di benessere, quando in futuro sempre meno lavoratori saranno chiamati a lavorare per un numero sempre maggiore di persone.